giovedì 29 agosto 2013

Arte mordi e fuggi

Da anni in città come Venezia si parla dei problemi causati dal turismo mordi e fuggi, ossia quello spesso legato ai viaggiatori di crociera che scendono mezza giornata, comprano souvenirs prodotti in Asia, sporcano e ripartono poche ore dopo.

Ciò produce danni alla città ed agli artigiani locali che non vengono minimamente riconosciuti nè considerati dai turisti di passaggio, spesso portati ad acquistare prodotti fatti nei loro stessi paesi credendoli made in Italy.

Nessuno ha mai pensato di introdurre un marchio unificato dei prodotti artigianali italiani, unico, facilmente riconoscibile e che sia fortemente pubblicizzato già sulle navi da crociera, in modo che in quelle poche ore di visita il turista sappia almeno dove andare.

Eppure negli ultimi anni è stato anche istituito un Ministero per il Turismo, che a parte spendere milioni di euro per semplici siti internet non ha saputo fare granchè di altro...

Del resto la valorizzazione del nostro patrimonio culturale e naturalistico è un problema vecchio: si è incapaci di riorganizzarlo e di promuoverlo creando poli museali e percorsi turistici in grado di renderlo finanziariamente autosufficiente. Si è invece capacissimi di svenderlo, affittando i monumenti storici cittadini magari ai miliardari che vogliono festeggiare il diciottesimo compleanno delle figlie agli Uffizi.

Il principio è sempre quello applicato negli ultimi vent'anni ai settori delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità, degli stessi beni culturali: il pubblico non funziona, quindi spolpiamolo e rendiamolo ancora più inefficiente per poi privatizzarlo, svendendolo e creando monopoli privati.

Invece il pubblico può funzionare bene, se lo si vuole; e ammesso che si decida di privatizzare o di elargire concessioni, che lo si faccia almeno a vantaggio dello Stato ed a prezzi di mercato, invece che a puro vantaggio dei privati che beneficiano delle concessioni.

mercoledì 28 agosto 2013

Galleria Borghese vendesi: prezzi modici!!

Uno dei più grandi problemi del nostro paese è quello della presenza di risorse interne poco, male o spesso del tutto NON sfruttate: tra queste vi sono quelle che compongono il nostro enorme patrimonio culturale.

Patrimonio il cui valore costituisce una parte consistente dell'Attivo del Bilancio del nostro Stato o potrebbe costituirla se in bilancio fosse iscritto al suo attuale valore di mercato. Invece sorpresa!! Il valore del nostro patrimonio culturale, ossia l'insieme dei beni che lo compongono, tra cui palazzi, opere d'arte, sedi museali ecc. ecc. è a tutt'oggi quello che fu stabilito nel 1938.

In altre parole, dopo la valutazione fatta nel '38 che segue ovviamente gli ormai obsoleti criteri scientifici di quel periodo, il patrimonio culturale italiano non è neanche stato rivalutato in base all'inflazione.

Risultato: una sede museale come la Galleria Borghese, con tutto ciò che contiene, vale oggi appena 900.000 euro, cioè meno di un appartamento di 100 mq al centro di Roma.

Le conseguenze di questa agghiacciante sorpresa non riguardano solo la stabilità del bilancio statale, ma anche l'ordinaria pratica delle assicurazioni delle opere d'arte in prestito. Quando infatti un'opera d'arte viene prestata ad un ente museale per realizzare una mostra, essa viene assicurata al suo attuale valore di mercato.
Se però disgraziatamente l'opera si danneggia, la prima cosa che fa la compagnia assicuratrice è confrontare il valore di assicurazione con il valore che risulta nel bilancio statale, che sarà sicuramente molto più basso del primo.

Fatto ciò fa immediatamente ricorso al giudice, che non può fare altro che dare ragione alla compagnia d'assicurazione la quale sarà quindi obbligata a risarcire una cifra veramente simbolica....

P.S.: per rivalutare il patrimonio in base all'inflazione basta fare una moltiplicazione!

mercoledì 7 agosto 2013

Lavorare per consumare lavoro

Il capitalismo moderno fa del mercato e del consumo la soluzione di tutti i problemi e di tutti i bisogni dell'essere umano, problemi e bisogni che nella gran parte dei casi sono creati proprio dal modello capitalista e dalle regole del mercato. 

Noi lavoriamo per soddisfare i bisogni creati dal nostro stile di vita, che il modello di mercato e le nuove regole del lavoro rendono sempre più stressante, frenetico e in molti casi alienante: di cosa ha bisogno veramente un essere umano?

Di mangiare, del contatto fisico e affettivo con i propri genitori e parenti, delle relazioni sociali, di mantenere e preservare la propria salute fisica e psichica, del contatto con la terra e la natura, di proteggersi dal freddo e dagli eventi climatici avversi, di vivere appieno e liberamente la propria sessualità, tanto per fare qualche esempio...

I precedenti sono i bisogni primari, e quindi quelli più basilari, a cui si dovrebbero dedicare la maggior parte delle energie e degli sforzi quotidiani, lasciando il resto all'eventuale soddisfacimento dei bisogni secondari.
Oggi succede il contrario, le persone sono concentrate e incardinate solo sul proprio lavoro: lavorare per tenere in piedi un sistema che sostituisce  il mercato all'essere umano e la tecnologia alla natura.

Non hai tempo per stare con i tuoi figli? Ci pensa il mercato a fornirti baby sitter, asili, scuole ecc. Hai problemi di salute? Il mercato ti fornisce tutte le medicine necessarie ad eliminare i sintomi. Hai problemi psichici? Il mercato ti fornisce psicologi, psichiatri e farmaci antidepressivi. 

Non riesci a fare l'amore con la tua compagna? Il mercato ti fornisce il Viagra. Sei troppo stressato? Il mercato ti fornisce la TV per distrarti, villaggi vacanze, palestre, piscine, musica. Sei in litigio con qualcuno? Il mercato è pieno di avvocati! Non hai tempo nè voglia nè energia per intrattenere e coltivare le tue relazioni sociali? Il mercato ti fornisce i social network, gli I-phones, gli Smartphones e tutto ciò di cui hai bisogno

Quindi tu lavori perchè ne hai bisogno?! O forse ne hai bisogno perchè lavori?

L'importante è che tu lavori per tenere in piedi tutto questo complesso sistema: se si lavorasse di meno, si prendesse in mano di nuovo l'agricoltura, si gestisse l'economia delle aggregazioni sociali in maniera più collettiva riducendo la dimensione spaziale, si avrebbe da mangiare, si avrebbe il tempo e l'energia per stare vicino ai propri figli, per curare le proprie relazioni sociali, si starebbe meglio fisicamente e mentalmente, senza quindi avere bisogno di farmaci, si litigherebbe di meno, non avendo più bisogno di avvocati.

Noi ci sbattiamo per tenere in piedi un sistema che diamo per scontato, che vediamo come frutto di un processo evolutivo, che pensiamo sia necessario e che ci fa essere profondamente infelici, e non serve a niente, e ci allontana dai nostri bisogni primari e dal loro soddisfacimento, che viene mediato da una quantità tale di intermediari da renderlo inutile e alienante. 

Un altro sistema sociale è possibile e sempre più necessario.
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