mercoledì 27 febbraio 2013

Votate chi ha paura dei problemi


L’Italia e tutta l’Europa stanno attraversando una recessione mostruosa, causata indirettamente dalla crisi finanziaria del 2008, che è stata solo un’espressione di un fenomeno molto più ampio temporalmente e spazialmente: la violenta e incontrollata convergenza tra paesi industrializzati e economie emergenti, causata dalla globalizzazione.

Berlusconi ha sempre negato l’esistenza anche solo della crisi; almeno fino all’estate del 2011 ha rifiutato l’idea che ci fosse qualsiasi tipo di problema per l’economia italiana. Mentre la Germania, la Francia e gli altri paesi europei si movimentavano per prendere misure immediate e strutturali per proteggersi dalla recessione, l’Italia rimaneva indietro.

Tutta colpa di un inconsapevole totale, appoggiato in parlamento da inconsapevoli e nelle piazze dalla parte più inconsapevole dei cittadini italiani.

Quali erano i segnali che dimostravano che la crisi non esisteva? Ristoranti pieni, difficoltà a prenotare aerei, il gruppo Mediaset che continuava ad andare bene… Un presidente del consiglio che si basa su queste occhiatine qualunquiste invece che dare uno sguardo agli infiniti rapporti di BCE, Banca d’Italia, Istat, Eurostat, sindacati, centri studi, ecc., che personaggio può essere? Che apporto può dare al bene del paese? NESSUNO, ma quella parte più addormentata, qualunquista, populista, bigotta, menefreghista e egoista dell’Italia continua a votarlo!!

Poi c’è la sinistra, leggermente più consapevole, che ha sempre sottolineato l’esistenza della crisi (come sarebbe ovvio), ma non si è mai spinta più in là. Non hanno mai capito o voluto capire le cause più profonde e strutturali della recessione, e non hanno quindi mai proposto quelle misure veramente necessarie per proteggere il tessuto produttivo del paese.

Lo stesso dicasi per le istituzioni economiche e i professoroni di economia: Draghi ha mai parlato di globalizzazione e convergenza? E Monti? Non possono, perché in questo momento quello che serve sono misure protezionistiche, e questi economisti bocconiani di protezionismo non possono proprio sentir parlare, perché il mercato è la soluzione e la salvezza di tutto.

Come si fa a votare questa gente? Come si possono incaricare questi soggetti di risolvere un problema se loro le cause del problema non le hanno ancora capite, e in alcuni casi rifiutano anche l’esistenza del problema?

Gli unici che hanno dimostrato apertamente consapevolezza della gravità della situazione e delle sue cause sono gli attivisti del Movimento 5 Stelle, che per questo meritatamente hanno ottenuto una miriade di voti.



martedì 26 febbraio 2013

Le teste di rapa, le facce di bronzo, le teste di legno


Panoramica della politica italiana:

Le teste di rapa

Berlusconi promette la restituzione dell’IMU 2012 grazie ad un accordo con il governo svizzero: quando la Svizzera smentisce, dichiara che i 4 miliardi di euro necessari li anticiperà lui di tasca sua… (già che c’è si comprasse direttamente il paese, così si accolla lui tutto il debito).

In Italia ci vogliono 359 giorni per approvare una legge: per Berlusconi è colpa della Costituzione e dei litigi con i piccoli partiti. Dimentica che forse è anche colpa dello scarso tempo che i politici dedicano in media alle attività parlamentari, visto che da dipendenti statali dovrebbero passare 40 ore a settimana in Parlamento, mentre nella realtà hanno un po’ troppe attività collaterali…


Le facce di bronzo

Scoppia lo scandalo Monte dei Paschi di Siena, che coinvolge tutti gli esponenti politici italiani ed evidenzia i loro innumerevoli conflitti di interessi. Il Presidente della Repubblica Napolitano, in qualità di garante della giustizia e dell’applicazione delle regole costituzionali, invita a rispettare la privacy…

Dopo venti anni di attesa e troppe occasioni perse, Bersani dichiara in campagna elettorale che il primo intervento del suo governo sarà la legge sul conflitto di interessi. Visti i risultati delle elezioni, avranno l’ennesima scusa per non farla.


Le teste di legno

Prendi un famoso magistrato antimafia, allievo di Borsellino, oppure un gran professore della Bocconi, e li metti a capo di un nuovo movimento politico destinato a portare rinnovamento e cambiamento. Dietro le loro teste ampie e ingombranti ti nascondi tu, politico di professione senza più idee né ideologia, senza più appartenenza, senza più scopo e soprattutto senza più voti, perché sei convinto che essere riciclati è sempre meglio che finire in discarica


Qualche esempio dalla Francia


Come funziona il mercato del lavoro in Francia?

In Francia c’è un salario minimo garantito, uguale per tutti, che per 40 ore lavorative settimanali è pari a circa 1598 euro lordi al mese, ossia circa 1288 euro netti. Il cuneo fiscale quindi, ossia le tasse pagate direttamente dal datore di lavoro, date dalla differenza tra stipendio lordo e netto, è molto più basso dell’Italia. Quanti anni sono che si parla di ridurre il cuneo fiscale nel nostro paese

In Francia se hai un contratto a tempo determinato e alla scadenza il datore di lavoro non ti rinnova, hai diritto ad un sussidio di disoccupazione per lo stesso periodo che hai lavorato pari ad una cifra tra il 70 e l’80% dello stipendio, pagato in parte dal datore di lavoro.

La stessa cosa succede se hai un contratto a tempo indeterminato e sei licenziato per motivi non gravi: il datore di lavoro ti paga parte del sussidio, e quindi ci pensa due volte prima di licenziarti.
Se poi ti licenziano per esubero, ad esempio, è vietato assumere un’altra persona per un certo periodo di tempo, proprio per giustificare l’esubero.

Come si fa la denuncia dei redditi in Francia?

L’agenzia delle entrate francese ti manda a casa per posta un documento che tu devi riempire con i tuoi redditi dell’anno, tu lo rimandi, poi i calcoli li fanno loro e qualche mese dopo ti rimandano a casa i bollettini per pagare (oppure se vuoi ti prelevano direttamente dal conto corrente). Niente commercialista, nessuno che impazzisce appresso alle istruzioni incomprensibili.

Come funziona la partita IVA in Francia?

L’apertura della partita IVA è gratuita e si fa via internet inviando un modulo compilato e la fotocopia della carta d’identità. Le tasse si pagano solo sui soldi guadagnati, e le aliquote vanno dal 14% al 23% massimo (in Italia con la partita IVA normale paghi oltre il 40% di tasse, con quella agevolata tra tasse e spese di commercialista comunque superi il 20%). Per gestirla non c’è alcun bisogno del commercialista: sommi quello che hai fatturato e invii il dato tramite il sito internet, le tasse ti saranno addebitate direttamente sul conto….


Ogni paese ha la sua storia e le sue peculiarità, che influenzano la sua struttura. Non ha senso fare paragoni assoluti. A volte però ci si trova di fronte a situazioni che fanno pensare che certe soluzioni non sono poi così difficili da concepire ed applicare, come spesso ci vogliono far credere i nostri politici.

E visto che dire che i nostri governanti sono incapaci o inetti servirebbe solo a scagionarli troppo facilmente dalle loro responsabilità, non resta altro che pensare che loro le soluzioni non le vogliono trovare.

lunedì 25 febbraio 2013

L’ennesimo esempio di conflitto di interessi


Il caso Monte dei Paschi di Siena dimostra chiaramente l’esistenza e il funzionamento di quella enorme e inestricabile rete di individui che governano il paese occupando i posti dirigenziali di aziende, banche, imprese pubbliche o semi pubbliche, agenzie governative e partiti politici in perenne condizione di conflitto d’interessi.

Siena è da sempre governata dalla sinistra, che controlla tutto il tessuto economico della città e fa quel che vuole. L’opposizione, in questo caso il PDL, non fa nulla, non ci prova neanche, tanto sono scoraggiati…. Ma forse non è solo scoraggiamento il loro…

Infatti, la Fondazione MPS, che controlla la banca, è controllata in maggioranza da uomini del PD, ma in essa sono presenti anche uomini chiave di Denis Verdini (stiamo parlando di uno dei coordinatori nazionali del PDL). È di pochi giorni fa, tra l’altro, la notizia dell’esistenza di un presunto patto tra Verdini e il sindaco di Siena Ceccuzzi, per spartirsi il potere senza pestarsi i piedi.

Del resto, basta vedere come si è comportata la stampa di fronte alla questione dell’operazione di acquisto di Antonveneta, operazione assurda e inspiegabile che ha creato una difficoltà finanziaria enorme per il MPS ed ha scatenato l’inchiesta giudiziaria.

L’acquisto di Antonveneta è una storia vecchia, ma chi ne ha parlato per primo?

La Repubblica proprio no, ma è il giornale di partito del PD… magari Il Giornale, o Libero, i quotidiani più vicini al PDL, che avrebbero avuto tutto l’interesse politico a denunciare uno scandalo del genere, che potrebbe distruggere il principale partito avversario. Sempre che questo scandalo coinvolga SOLO il partito avversario.

Di fatto, a denunciare la cosa è stata come al solito la trasmissione Report, in onda su Rai3, ma la notizia non è stata per niente ripresa dalle testate nazionali, finchè non è esploso il bubbone con l’inchiesta della magistratura.

Sono queste catene di relazioni e di comportamenti che rendono necessario il totale rinnovamento della classe politica e dirigenziale del paese e la creazione di un meccanismo che limiti la possibilità di ogni individuo di ricoprire incarichi politici e dirigenziali a vita sfruttando le posizioni di conflitto d’interessi.

mercoledì 20 febbraio 2013

Il politico consapevole


Per Silvio Berlusconi nel nostro paese c’è un problema di governabilità: il processo di approvazione delle leggi è troppo macchinoso, presenta troppi ostacoli e non consente di prendere decisioni in fretta.

Il presidente del consiglio non ha poteri propri, non può sostituire i ministri, non può porre veti alle leggi o approvare decreti legge come succede nelle democrazie presidenziali europee (stile Francia) o negli Stati Uniti.

Se la nostra costituzione fosse stata diversa, quindi, si sarebbe potuto affrontare la crisi economica in modo molto più veloce ed efficace: questo ragionamento è fatto da un personaggio che è stato presidente del consiglio dal 2008 (anno di effettivo scoppio della crisi) a fine 2011, e che per tutto questo tempo non ha fatto altro che negare l’esistenza della crisi stessa, attribuita alle invenzioni della sinistra.

I ristoranti e i centri commerciali sono pieni, non si trova posto sugli aerei… vi ricordate?

Pensate quante cose avrebbe potuto fare il suo governo se avesse avuto un po’ più di mano libera per contrastare al meglio la recessione!

Questo giusto per sottolineare la serietà, la competenza e la consapevolezza dei maggiori esponenti della politica in Italia…

martedì 19 febbraio 2013

Il paradosso del signoraggio


Spesso si sente parlare del signoraggio e delle sue conseguenze catastrofiche sulla società, c’è anche chi dice che l’esistenza del debito pubblico che strangola gli stati come l’Italia sia dovuta al signoraggio, ossia ai redditi derivanti dal potere di una banca centrale di creare moneta e immetterla sul mercato.

Sicuramente il meccanismo di creazione della moneta così come è concepito oggi crea un debito e lo diffonde tra i cittadini, e sarà un debito che non potrà essere mai ripagato!

Il funzionamento è semplice: la banca centrale di un paese, nel nostro caso la BCE, ha il potere di creare moneta e metterla sul mercato, oppure di togliere moneta dal mercato. La aggiunge quando l’economia è in recessione, per abbassare i tassi di interesse ed invogliare le banche a prestare denaro e gli imprenditori e le famiglie a prendere in prestito denaro per far ripartire i consumi e gli investimenti; la toglie quando l’economia è in espansione, per contenere l’inflazione.
Ma come fa a “buttare” questa moneta fra la gente? La lancia da un elicottero? No, la presta alle banche private (o la prende in prestito quando ne vuole ridurre la quantità) e le banche poi la dovrebbero riprestare.

La BCE quindi fa un prestito alle banche, e come tutti i prestiti anche questo va restituito maggiorato di un interesse: ecco il paradosso! Come fa la banca privata a restituire i soldi creati dalla BCE più un interesse, se è la BCE che ha creato la moneta e non ha creato anche la quota di interesse?

In altre parole: supponiamo di essere all’anno zero, in cui la moneta non esiste. La banca centrale crea 100 euro di moneta e li presta all’unica banca del paese, chiedendole di restituirli con il 10% di interesse dopo un anno. La banca privata deve restituire 110 euro, ma come può se la banca centrale ne ha creati solo 100 e prima la moneta non esisteva? Quei 10 euro in più non esistono e quel debito non potrà mai essere ripagato. La soluzione è prestare quei 100 euro a qualcuno, magari ad un imprenditore, ad un tasso maggiore, mettiamo il 30%, così da ricevere 130 euro e poter ripagare il debito. Nel mondo che abbiamo immaginato questo ovviamente non è possibile, perché nessun imprenditore accetterebbe un prestito del genere sapendo che non esiste la moneta materiale per ripagarlo, ma nel nostro sistema questo paradosso è meno evidente perché non siamo più all’anno zero.

Il problema quindi rimane: c’è un debito che è stato creato sul mercato e che non potrà mai essere ripagato perché i soldi per farlo non esistono materialmente: questo debito si trasferisce nella società, tra cittadini e imprenditori, finchè qualcuno sarà costretto ad interrompere la catena e fallirà.

giovedì 14 febbraio 2013

Vota PDL: Via il dente, Via il dolore


24 ottobre 2012, Berlusconi dichiara: “Monti e i suoi collaboratori hanno fatto quel che hanno potuto, cioè molto, nella situazione istituzionale, parlamentare e politica interna, e nelle condizioni europee e mondiali in cui la nostra economia e la nostra società hanno dovuto affrontare la grande crisi finanziaria da debito”.
8 dicembre 2012, Berlusconi rettifica: “Monti ha fatto danni, torno in campo per vincere”; comincia la rimonta elettorale del PDL.

10 gennaio 2013: a Servizio Pubblico di Santoro, dopo aver denunciato per settimane un complotto della Bundesbank per far alzare lo spread determinando la caduta del governo ed intromettendosi nelle scelte politiche dello stato italiano, Berlusconi prima dichiara di aver confuso la Bundesbank con la Deutsche Bank, poi di essersi sbagliato del tutto. Giustificazione: alla sua età è facile sbagliarsi. Il PDL guadagna nei sondaggi.

9 febbraio 2013: ospite di Green Power, Berlusconi rivolge una serie di infelici battute a sfondo sessuale ad una dipendente. La platea applaude, il partito lo spalleggia, la base non si ribella. E a qualcuno viene da pensare che il PDL abbia guadagnato ancora. E lo stesso vale per le dichiarazioni sulle tangenti di Finmeccanica del 14 febbraio.

Ma chi sono gli elettori del PDL? Accanto a quei pochi che credono ancora nella rivoluzione liberale, ci sono tre identikit possibili:

In primis si tratterà di tutti quegli imprenditori e manager che ancora beneficiano di interventi come la depenalizzazione del falso in bilancio; di tutti quei professionisti e lavoratori in genere che per anni hanno evaso le tasse e che poi si sono potuti anche dare una ripulita grazie ai condoni fiscali; di tutti quei cittadini che hanno illegalmente ampliato i propri immobili per poi beneficiare dei condoni edilizi. E di tutti quei tifosi del Milan che hanno vissuto momenti indimenticabili. Votano per senso di gratitudine.

Poi ci sono tutti i cittadini che con tangentopoli si sono visti defraudati della Democrazia Cristiana, e hanno visto e vedono ancora in Berlusconi e nel PDL l’unico soggetto politico in grado di arrestare la pericolosa avanzata comunista. Votano per coerenza ideologica.

Infine tutti quelli che hanno tanto bisogno dell’uomo forte, di quello che assicura: “non preoccupatevi, penso a tutto io, voi mettetevi nelle mie mani e potrete restare tranquilli e protetti nelle vostre casucce. Vi potrete tranquillamente tappare occhi e orecchie, disinteressarvi di tutte le tragedie che accadono fuori dalle vostre porte, e che a saperle vi creano così tanta ansia e paura e vi fanno stare così male.  Magari gli occhi e le orecchie stappateveli ogni tanto per guardare la mia TV, quella che vi fa svagare, vi solleva dell’onere di pensare, informarvi, interessarvi, partecipare, che vi rassicura e vi solleva da ogni peso”. VIA IL DENTE VIA IL DOLORE.

Tecnologia per dire addio all’economia di mercato


Internet e le più avanzate tecnologie di comunicazione ci permettono di scambiarci informazioni a velocità inaudite: invece di concentrarci sull’utilizzo di questi strumenti per spostare la propria vita su Facebook o per giocare a Ruzzle, pensate a quanto potremmo fare per aumentare la partecipazione di tutti alla gestione della cosa pubblica.

Si potrebbe arrivare al punto in cui ogni cittadino possiede un proprio spazio virtuale, unico e protetto, creato su un sito del governo, da cui può votare con un clic da casa per dare il proprio parere, vincolante o meno, su proposte di legge a livello nazionale o locale (ci sono già state proposte a riguardo da parte del Movimento 5 Stelle).

In più, grazie ad internet si potrebbe avere un quadro socio-economico chiaro e istantaneo di tutto un paese, se si chiede ad ogni cittadino di segnalare informazioni riguardo il proprio status familiare, la propria condizione lavorativa, la propria salute, garantendo ovviamente la privacy.

Si potrebbe sapere in tempo reale quanti sono effettivamente i disoccupati, quanti i malati, quali difficoltà incontrano le coppie e le famiglie in genere. E si potrebbe sapere in tempo reale di cosa ha realmente bisogno ogni singolo individuo, in termini di beni e servizi.

Un modo di vivere del genere, una società gestita in questo modo, potrebbe permetterci di abbandonare definitivamente l’economia di mercato, scivolando gradualmente, pacificamente e automaticamente in una vera e pura economia socialista, dove grazie alle informazioni disponibili in tempo reale è finalmente possibile orientare la produzione in maniera collettiva senza doversi affidare ai meccanismi individualisti, inefficienti e disordinati che derivano dall’incontro tra domanda e offerta.

lunedì 11 febbraio 2013

Perché lasciar morire il nostro settore agricolo?


L’agricoltura italiana si avvia all’annientamento: fare l’agricoltore in Italia non conviene quasi più.
Una delle principali cause è la concorrenza sleale che proviene dall’estero, da quei paesi in via di sviluppo dove, grazie alla globalizzazione e all’apertura dei mercati internazionali, le grandi multinazionali agricole possono sfruttare i lavoratori e danneggiare l’ambiente per poi importare prodotti agricoli in Europa a prezzi stracciati (e in tempi di crisi il consumo si concentra proprio sui prodotti che costano meno ovviamente).

Il tema è delicato, perché grazie alla globalizzazione molti agricoltori del sud del mondo hanno avuto accesso ai mercati internazionali, e noi comprando i loro prodotti li aiutiamo a crescere.
Ma non bisogna dimenticare che:
  • nella maggior parte dei casi quei prodotti sono controllati dalle grandi multinazionali agricole, che sfruttano i lavoratori e impediscono una reale crescita dei redditi nei paesi in via di sviluppo;
  • che spesso anche le organizzazioni di Commercio Equo e Solidale sono state criticate perché dirottano all’estero la gran parte della produzione senza stimolare realmente la creazione di un mercato agricolo interno, di cui quei paesi hanno realmente bisogno;
  • non si può lasciar morire il sistema agricolo di un paese come l’Italia, alimentando l’ennesima dipendenza del nostro paese dall’estero. 

Le soluzioni sono chiare, in tanti predicano da anni ma sembrano predicare nel vuoto:
  • agricoltura di prossimità;
  • produzioni stagionali;
  • incentivi e dazi a protezione delle produzioni locali;
  • filiera corta;
  • incentivazione al CONSUMO CONSAPEVOLE

 Vi dicono qualcosa questi termini??

domenica 10 febbraio 2013

Mai più speculazione!


La speculazione finanziaria non ha senso di esistere, falsa totalmente l’idea che ha portato alla creazione dei mercati e degli intermediari finanziari. Questi sono nati per favorire incontro tra domanda e offerta di denaro e per facilitare gli investimenti di lungo termine nel sistema produttivo di una nazione, e non per ottenere profitti di breve o brevissimo periodo.
È necessario quindi:

  • imporre una tassa sulle transazioni finanziarie (sembra che il Governo Monti abbia già fatto qualcosa nella legge di stabilità);
  • vietare del tutto le operazioni allo scoperto: non è possibile che ci siamo migliaia di broker che vendono titoli che non posseggono o comprano titoli senza avere i soldi per farlo;
  • vietare la presenza di mercati non regolamentati o sottoporli a stretto controllo o tassazione;
  • imporre un vincolo temporale per la cessione di azioni di imprese italiane: se acquisto un’azione di una società non posso rivenderla per almeno 3 o 5 anni. Questo perché non ha senso acquistare azioni scommettendo che il loro valore salga nel giro di qualche giorno o settimana per poi guadagnarci sopra. Acquistare un’azione significa scommettere sul buon andamento di un’impresa, che non può rivelarsi nel giro di qualche giorno. Significa sostenere il sistema produttivo di una nazione e dargli il tempo necessario affinché gli investimenti che effettua diano il loro frutto. 

Le azioni ed i titoli di debito delle imprese nazionali non possono essere in mano agli speculatori, ma piuttosto agli investitori veri, che hanno interesse a investire nel lungo termine, ed ai lavoratori, che con il loro lavoro garantiscono la sostenibilità ed i risultati della loro stessa impresa.

Ovviamente queste misure porterebbero una fuga improvvisa degli speculatori, che causerebbe un crollo del valore degli indici azionari e dei titoli di debito statali e privati. Non si tratterebbe però di un dramma, ma di un vero e proprio repulisti, e potrebbe essere frenato raccogliendo intorno ad un tavolo i grandi azionisti delle imprese nazionali ed i grandi investitori, spingendoli a sostenere il sistema produttivo nazionale il cui valore e le cui potenzialità non sono certo date dalle fluttuazioni dei prezzi dovute agli umori degli speculatori.

Alla fine di questo processo, traumatico ma necessario, si giungerebbe a vedere il vero valore di mercato delle nostre imprese, e non più quello gonfiato dalla speculazione.

sabato 9 febbraio 2013

Il non-programma del Movimento 5 Stelle



Tanti scettici in campagna elettorale accusano il Movimento 5 Stelle di non possedere un programma di governo. Questa affermazione non si può dire vera, perché il programma c’è: ci sono i punti di base da cui partire per affrontare la situazione di emergenza che stiamo attraversando e ci sono tutte le “piccole” idee (tante, proprio tante) che vengono diffuse da ogni candidato del Movimento durante i comizi nelle piazze di tutta Italia.

L’altro aspetto di cui gli scettici non si rendono conto è che per buona parte il programma del Movimento è il Movimento stesso: è il rinnovamento, il ricambio, la SOSTITUZIONE FISICA e definitiva emarginazione degli intricatissimi apparati di potere che stanno trascinando l’Italia in un buco nero.

Perché se la recessione dipende dalla crisi e dalla convergenza, l’estrema difficoltà di reagire dipende da quelle debolezze strutturali che sono state causate proprio dall’attività della nostra classe politica e dirigente nell’ultimo ventennio: il suo insinuarsi, concatenarsi, abbrancarsi e incastrarsi negli apparati dirigenziali di qualunque cosa (P.A., banche, imprese pubbliche, imprese private, agenzie governative, organizzazioni e fondazioni no-profit) come un virus.

Tutta la rete su cui si regge il paese è stata infettata da uomini legati a doppio filo l’uno all’altro, in perenne conflitto d’interesse, che sono andati a formare delle compagnie di mutuo soccorso rigide, inamovibili e inattaccabili.

I dirigenti sono sempre gli stessi, a qualunque livello: siamo pieni di dirigenti e presidenti di professione, quando hanno finito un mandato si scambiano e via così; non c’è ricambio, non c’è meritocrazia, non c’è posto per i giovani.

E per favorire questo meccanismo la soluzione più adottata è stata quella delle privatizzazioni disordinate e indiscriminate: presentate come la soluzione per fare cassa e per portare efficienza nelle aziende statali che non funzionano, negli ultimi venti anni ne sono state imposte di tutti i tipi, spessissimo parziali, quasi sempre senza prima liberalizzare i mercati.

Risultato: imprese semi private e semi pubbliche, che agiscono quasi sempre come monopolisti, dove si sono potuti inserire tutti gli uomini che potessero fare gli interessi delle loro lobby e dei partiti politici, spolpando definitivamente i patrimoni delle imprese stesse per spartirseli. 

Del Porcello non si butta via niente


Dalle prossime elezioni uscirà un parlamento frammentato e un governo senza maggioranza o con una maggioranza traballante e ricattabile.

Tutta colpa del Porcellum, legge voluta da un Governo il cui principale esponente adesso si lamenta che per colpa della Costituzione il Presidente del Consiglio non ha poteri ed è difficilissimo approvare una legge perché ci sono troppi partitini, e nessuno ovviamente gli fa notare che con il Porcellum la situazione è molto peggiorata.

Quella legge è stato un colpo di stato, e adesso dobbiamo tutti subirne le conseguenze, in un momento come questo…

Non parliamo poi dei ridicoli tentativi di cambiarla negli ultimi mesi, tanti altri tentativi di proporre leggi elettorali costruite con i sondaggi alla mano sulla base degli interessi di ogni partito, tanti piccoli tentativi di colpo di stato.

Un’idea banale: nell’attesa di trovare un accordo su una legge nuova, non si poteva intanto fare una piccolissima modifica a quella esistente e applicare al Senato lo stesso sistema di calcolo e assegnazione dei seggi previsto per la Camera?

Troppo facile… un insulto alle nostre intelligenze.

venerdì 8 febbraio 2013

Dobbiamo arginare la nostra dipendenza dalle Economie Emergenti!


Il sistema industriale italiano è in piena crisi, sia a livello delle piccole e medie imprese che di quelle medio-grandi. Al di là della recessione causata dalla crisi del 2008, è indubbio che le piccole e medie imprese italiane soffrono la concorrenza sleale di grandi gruppi italiani o multinazionali che hanno scelto di andare a produrre all’estero, in paesi in via di sviluppo, dove tutto è meno costoso.
Finora nessun governo si è mai posto il problema di cercare un mezzo per riportare le produzioni in Italia (basti pensare al potere di ricatto che ha esercitato la FIAT negli ultimi anni per ottenere quello che voleva).

Le idee potrebbero essere varie:
  • la più immediata è quella di tassare fortemente le imprese italiane che delocalizzano: un’impresa che mantiene i dirigenti in Italia ma produce solo all’estero NON E’ UN’IMPRESA ITALIANA e per questo non va difesa né protetta;
  • parallelamente, garantire vantaggi fiscali per le imprese che tornano a produrre in Italia (una sorta di condono), premiando però con vantaggi ancora maggiori tutte quelle che hanno sempre mantenuto la loro attività nel paese;
  • un’altra soluzione può essere quella di creare finalmente un marchio “made in Italy” unico, non falsificabile e riconoscibile in tutto il mondo senza equivoci, da attribuire SOLO a quei prodotti fatti esclusivamente in Italia, con materie prime italiane, che funga anche da certificazione per le produzioni rispettose dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.

Per quanto la globalizzazione e la delocalizzazione delle produzioni abbiano consentito a paesi come Cina e India di crescere a dismisura (bisogna vedere poi in che modo ed a che prezzo), se un’impresa riesce a abbattere i costi perché può permettersi atti e pratiche che nel nostro paese sono reato, non può poi tornare liberamente in Italia ed in Europa a vendere i propri prodotti meno costosi, causando il fallimento di quelle piccole e medie imprese che nel nostro paese impiegano la maggior parte dei lavoratori.

La nuova, splendida, fiammante legge sul conflitto d’interessi


In campagna elettorale alcuni partiti ci propongono come primo intervento finalmente una legge sul conflitto di interessi. A parte che vista la situazione in cui versa il paese e il fatto che doveva essere fatta almeno 20 anni fa, una promessa del genere suona un tantino ANACRONISTICA. Ma poi, che legge pensate che faranno?

Scommettiamo che faranno una leggina debole debole, che non terrà minimamente conto della portata del fenomeno del conflitto d’interessi non solo in politica, ma in tutta la vita del nostro paese?

Una persona che ha decine di processi a suo carico non può presiedere un governo che propone una riforma della giustizia, perché essa è fatta in conflitto di interessi. Una persona che è proprietaria della principale società televisiva del paese non può presiedere un governo che propone una riforma del settore televisivo, perché essa è fatta in conflitto di interessi!

Ma questa è solo la punta dell’iceberg! In conflitto di interessi è anche il semplice parlamentare che vota una legge sulla corruzione quando lui stesso è imputato di corruzione: non può votare, non la deve votare, deve essere estromesso dal voto! Pensate che chi farà la legge andrà così in profondità??

In conflitto di interessi agisce chi occupa incarichi direttivi in più aziende che magari sono concorrenti o appartengono allo stesso settore, come succede spessissimo soprattutto nel settore bancario.

E come succede nell’infinita e complicatissima rete di imprese, istituzioni e agenzie che galleggiano nell’intricatissima selva del pubblico infettato dal privato o viceversa, dove grazie alle posizioni assunte in conflitto di interessi si creano e si consolidano quelle lobby e quei gruppi di potere che distruggono, rallentano, corrompono tutto e impediscono qualsiasi tipo di ricambio e qualsiasi possibilità per i giovani di salire e di alternarsi nelle posizioni dirigenziali.

Pensate che chi farà la legge si occuperà veramente di questi aspetti?

giovedì 7 febbraio 2013

Vogliamo parlare delle Banche???


Una classe politica che si rispetti avrebbe da tempo riunito attorno a un tavolo tutti i dirigenti delle grandi banche italiane, e li avrebbe costretti con le buone o con le cattive a tornare a fare le banche.

Infatti non tutti sanno che dallo scoppio della crisi finanziaria, nel 2008-2009, la BCE ha letteralmente sommerso tutte le banche europee di nuova moneta, per dotarle di denaro fresco da prestare a credito a imprenditori e famiglie a tassi più bassi, in modo da far ripartire l’economia. E le banche che hanno fatto con questa montagna di soldi? L’hanno quasi tutta ridepositata presso la BCE, che concede un certo tasso sui depositi, seppur molto basso.

Questo perché avevano paura di concedere prestiti, perché non si fidavano della situazione economica troppo traballante. Si è arrivati al punto che la stessa BCE è stata costretta, lo scorso luglio 2012, ad azzerare il tasso che paga sui soldi depositati presso di lei, proprio per invogliare le banche a fare le banche!!! Ma lo ha fatto dopo tre anni di attesa passiva, tre anni in cui il fenomeno era chiaro e preoccupante.

Per non parlare poi di casi come quello del Monte dei Paschi, che non ha bisogno di commenti e che dimostra sempre di più come in un paese così in crisi le istituzioni che dovrebbero dare ossigeno a imprese e famiglie giocherellino con i derivati e si autodistruggano comprando Antonvenete a prezzi esorbitanti.

È evidentemente troppo chiedere che una banca faccia la banca….. forse non conviene più!

mercoledì 6 febbraio 2013

Dobbiamo azzerare la nostra dipendenza Energetica!


Sappiamo tutti che il nostro paese importa una percentuale altissima di energia dall’estero, sotto forma di energia elettrica, gas naturale, combustibili fossili per alimentare le centrali a carbone che inquinano mostruosamente. Come fare per diventare indipendenti a livello energetico?
  • una prima idea è quella di puntare sulla costruzione di centrali statali a solare a concentrazione, che ha un potenziale molto maggiore del fotovoltaico e dell’eolico e richiede anche un ridotto impiego di silicio, materia di cui siamo sprovvisti a livello nazionale. L’unico problema di questa tecnologia è che funziona solo con l’irradiazione diretta del sole, in altre parole anche la presenza di qualche nuvola ne riduce notevolmente l’efficienza. In territori come quelli del sud-italia, in particolare nelle isole, però, il solare a concentrazione funzionerebbe perfettamente;
  • reintrodurre e rafforzare, invece di smantellare, gli incentivi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili a livello domestico, per far si che i condomini e i privati possano sfruttare il più possibile il fotovoltaico, il solare termico per l’acqua calda e l’eolico;
  • cercare di stimolare la creazione di “gruppi di investimento solidale per la produzione energetica”, ossia grandi gruppi di cittadini che si aggregano in consorzi e partecipano con quote di finanziamento variabili a seconda delle loro possibilità alla realizzazione di centrali elettriche a energie rinnovabili, da cui traggono un ricavo dovuto alla vendita dell’energia elettrica e magari da uno sconto parziale o totale sulle proprie bollette.
  • obbligare i costruttori in tutta Italia a realizzare solo immobili alimentati al 100% da energie rinnovabili.

Come finanziare questi interventi?:

  • si potrebbe pensare, tra le tante altre soluzioni, ad una tassa patrimoniale di scopo! Ai possessori di grandi patrimoni si propone una scelta: pagare un una tantum direttamente allo Stato oppure investire una somma leggermente maggiore nella realizzazione di un progetto energetico sostenibile, da cui potrebbero trarne anche un vantaggio economico.

Meno tasse è l’unica risposta che riuscite a dare?



Quelli che ci vogliono governare ancora, dai politici, agli imprenditori, ai professori, non fanno altro che impostare le loro campagne elettorali sull’aumentare o ridurre le tasse, come se la politica fiscale fosse il vero e unico modo per far ripartire il paese e avviare il processo di sviluppo.

C’è chi parla ancora dell’equazione liberale: ridurre le tasse può spingere in alto il PIL, quando un paese attraversa una recessione passeggera e ciclica, e comunque non ha nulla a che fare con lo SVILUPPO, che è un’altra cosa. Ma noi siamo in crisi strutturale, bisogna rimettere mano a tutto e bisogna farlo in fretta e pesantemente.

Ci vuole una politica di lungo termine che guardi da qui a 20-30 anni e intervenga su tutti quegli aspetti che veramente possono far sviluppare l’Italia. Dico sviluppare, non crescere, perché la crescita del PIL lo sappiamo tutti che non porta né occupazione né benessere!!

Pensate a quanto si può e si deve fare per modificare i sistemi di produzione dell’energia, per introdurre finalmente nuovi sistemi di raccolta dei rifiuti che ci portino verso la condizione di ZERORIFIUTI.

Pensate al settore agricolo, di cui nessuno, NESSUNO parla. Pensate a quanto le imprese piccole e medie stanno soffrendo la concorrenza dei mercati emergenti, e ridurre le tasse che pagano è necessario ma non sarà assolutamente sufficiente e ritarderà di poco la distruzione del nostro tessuto produttivo, a cui stiamo già assistendo.

Chi ne parla di queste cose? Chi? Loro parlano solo di aumentare o diminuire le tasse, di far quadrare i conti, di leggi o riforme che andavano fatte 20 anni fa  e che nella situazione che viviamo adesso sembrano quasi anacronistiche (vedi la legge sulconflitto d’interessi).

Svegliatevi, vecchi aspiranti Presidenti del Consiglio!! Governare non è più facile come prima, non significa solo essere inondati di potere e privilegi! FATEVI VENIRE QUALCHE IDEA!!

martedì 5 febbraio 2013

Non c’è crisi! C’è solo convergenza!!!


La recessione che stiamo attraversando adesso è stata causata sicuramente dalla crisi finanziaria del 2008, ma bisogna stare attenti ad imputare tutto quello che sta succedendo a quello “sfortunato episodio”. In questo modo, infatti, si rischia, come sta in effetti succedendo, di intervenire solo a livello microscopico, cercando di tappare le falle in attesa di questa fantomatica luce in fondo al tunnel che tutti i governanti ci stanno promettendo e aspettando, senza guardare all’insieme dei fenomeni che de 20 anni ormai stanno coinvolgendo il mondo intero.

In pochi hanno finora fatto veramente notare che la crisi del 2008 fa solo parte di un fenomeno molto più grande, sia a livello spaziale che temporale, che ci condizionerà la vita per decenni ancora, se non se ne interrompe il flusso: è il fenomeno della convergenza, causato direttamente dalla globalizzazione (fenomeno di cui i grandi economisti che ci governano non parlano per niente).

Grazie alla globalizzazione, infatti, si sono aperti tutti i mercati, a livello globale: quelli finanziari, quelli dei beni di consumo, quello del lavoro. Qual è stata la prima cosa che hanno fatto le imprese dei paesi sviluppati? Andare a produrre nei paesi in via di sviluppo, dove il costo del lavoro è quasi nullo, non si è costretti a rispettare i lavoratori ed a garantire loro i diritti di base, ma anzi li si può sfruttare tranquillamente; non si è costretti a rispettare l’ambiente, visto che non ci sono norme in tal senso. Una volta prodotto a costo bassissimo in Cina, India, ecc., si può tornare a rivendere allo stesso prezzo di sempre, o magari leggermente inferiore, in Europa o in USA.

La domanda nasce spontanea: ma se chiudete gli stabilimenti in Europa per andare a produrre in Cina, poi in Europa chi ve li compra i prodotti, se sono tutti disoccupati?
Esagerati!!! – vi risponde qualcuno – prima di tutto il processo è graduale, quindi non è che da un giorno all’altro tutti gli italiani sono disoccupati, poi chi perde il lavoro può trovarne un altro, o nascono nuove professioni. Secondo, una parte dei prodotti li vendiamo proprio in quei paesi dove produciamo, dove portiamo lavoro, sviluppo e reddito!!

Quindi la globalizzazione porta sviluppo e convergenza, cioè fa convergere i paesi poveri verso quelli ricchi! Che bello!! Salvo tre piccoli particolari:

1- per gli economisti teorici classici la convergenza era un fenomeno unilaterale: i paesi poveri un giorno avrebbero cominciato a crescere fino a raggiungere quelli ricchi, che non si muovevano dal loro livello di ricchezza. La realtà invece ci sta facendo scoprire che la convergenza è bilaterale: i paesi poveri diventano più ricchi, e i paesi ricchi diventano più poveri, e il processo continuerà finchè tutti saranno allo stesso livello (quando? E a che prezzo?)

2- il processo di convergenza che noi stiamo confondendo con la crisi del 2008 è un processo veloce e violento, che sta arricchendo troppo velocemente e disordinatamente i paesi poveri e con la stessa velocità e disordine sta impoverendo i paesi ricchi. In Italia la disoccupazione è cresciuta tanto velocemente negli ultimi anni, tanti disoccupati significa malcontento e tensione sociale, e tante persone costrette ad abbassare improvvisamente il proprio tenore di vita senza che nessuno gli spieghi il perché.

3- allo stesso tempo paesi come Cina e India stanno crescendo a velocità inaudita, e per crescere stanno distruggendo il proprio tessuto sociale e culturale, stanno permettendo violazioni dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori. E stanno distruggendo e inquinando il proprio ambiente, e se paesi grandi come Cina e India cominciano a creare problemi ambientali, beh, è un problema per tutto il mondo, non solo per loro.

Riprendiamoci la nostra indipendenza!



La situazione economica, sociale e politica del nostro paese, l’Italia, agli occhi di molti giovani della nostra generazione appare completamente distrutta e quasi irrecuperabile, tante sono le falle che presenta praticamente in tutti i settori che compongono il tessuto nazionale. Corruzione, inquinamento ambientale, lavoro nero, non garanzia dei diritti fondamentali, inefficienze, evasione fiscale, sprechi, mancanza di competenze a livellopolitico e amministrativo, mancanza di cultura civica sono solo alcuni degli aspetti che creano un circolo vizioso che sembra impossibile da spezzare, o che quantomeno ti dà l’idea di non sapere da dove cominciare.

Di fronte a questa situazione c’è chi propone di uscire dall’UE: di fronte a questa eventualità mi viene da pensare “come può un paese così dipendente dal resto d’Europa e del mondo come l’Italia uscire di colpo dall’UE?”. Ci ritroveremmo in una situazione veramente drammatica, come una nave che affonda, con i mercati finanziari che farebbero crollare in pochi giorni il valore della nostra moneta, dei nostri titoli di stato e delle azioni delle nostre imprese.

Uscire dall’Unione Europea è possibile, ma per farlo bisogna cominciare da subito a lavorare per riconquistare la nostra autonomia, agendo sui fattori che ci rendono maggiormente dipendenti, tra cui:


Se la nostra classe dirigente cominciasse un lavoro del genere veramente, da qui a 10-15 anni potremmo aver riguadagnato la nostra indipendenza strutturale, e a quel punto ci sarebbe indifferente rimanere in UE o uscirne.

Ma finché le cose andranno così, saremo sempre più dipendenti dalle altre forze europee, e la nostra sola strategia sarà sempre solo quella attuata finora dai nostri politici, che si basa sulla possibilità di ricattare paesi come la Francia e la Germania, facendo loro presente che se falliamo noi fallisce tutta l’Europa e finiamo tutti in un enorme buco nero.
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