sabato 9 febbraio 2013

Il non-programma del Movimento 5 Stelle



Tanti scettici in campagna elettorale accusano il Movimento 5 Stelle di non possedere un programma di governo. Questa affermazione non si può dire vera, perché il programma c’è: ci sono i punti di base da cui partire per affrontare la situazione di emergenza che stiamo attraversando e ci sono tutte le “piccole” idee (tante, proprio tante) che vengono diffuse da ogni candidato del Movimento durante i comizi nelle piazze di tutta Italia.

L’altro aspetto di cui gli scettici non si rendono conto è che per buona parte il programma del Movimento è il Movimento stesso: è il rinnovamento, il ricambio, la SOSTITUZIONE FISICA e definitiva emarginazione degli intricatissimi apparati di potere che stanno trascinando l’Italia in un buco nero.

Perché se la recessione dipende dalla crisi e dalla convergenza, l’estrema difficoltà di reagire dipende da quelle debolezze strutturali che sono state causate proprio dall’attività della nostra classe politica e dirigente nell’ultimo ventennio: il suo insinuarsi, concatenarsi, abbrancarsi e incastrarsi negli apparati dirigenziali di qualunque cosa (P.A., banche, imprese pubbliche, imprese private, agenzie governative, organizzazioni e fondazioni no-profit) come un virus.

Tutta la rete su cui si regge il paese è stata infettata da uomini legati a doppio filo l’uno all’altro, in perenne conflitto d’interesse, che sono andati a formare delle compagnie di mutuo soccorso rigide, inamovibili e inattaccabili.

I dirigenti sono sempre gli stessi, a qualunque livello: siamo pieni di dirigenti e presidenti di professione, quando hanno finito un mandato si scambiano e via così; non c’è ricambio, non c’è meritocrazia, non c’è posto per i giovani.

E per favorire questo meccanismo la soluzione più adottata è stata quella delle privatizzazioni disordinate e indiscriminate: presentate come la soluzione per fare cassa e per portare efficienza nelle aziende statali che non funzionano, negli ultimi venti anni ne sono state imposte di tutti i tipi, spessissimo parziali, quasi sempre senza prima liberalizzare i mercati.

Risultato: imprese semi private e semi pubbliche, che agiscono quasi sempre come monopolisti, dove si sono potuti inserire tutti gli uomini che potessero fare gli interessi delle loro lobby e dei partiti politici, spolpando definitivamente i patrimoni delle imprese stesse per spartirseli. 

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