Tanti scettici in campagna elettorale accusano il
Movimento 5 Stelle di non possedere un
programma di governo. Questa affermazione non si può dire vera, perché il
programma c’è: ci sono i punti di base da cui partire per affrontare la
situazione di emergenza che stiamo attraversando e ci sono tutte le “piccole”
idee (tante, proprio tante) che vengono diffuse da ogni candidato del Movimento
durante i comizi nelle piazze di tutta Italia.
L’altro aspetto di cui gli scettici non si rendono conto è
che per buona parte il programma del
Movimento è il Movimento stesso: è il
rinnovamento, il ricambio, la SOSTITUZIONE FISICA e definitiva emarginazione
degli intricatissimi apparati di potere che stanno trascinando l’Italia in un
buco nero.
Perché se la recessione dipende dalla crisi e dalla convergenza, l’estrema difficoltà di reagire dipende da quelle debolezze
strutturali che sono state causate proprio dall’attività della nostra classe
politica e dirigente nell’ultimo ventennio: il suo insinuarsi, concatenarsi, abbrancarsi e incastrarsi negli apparati
dirigenziali di qualunque cosa (P.A., banche, imprese pubbliche, imprese private,
agenzie governative, organizzazioni e fondazioni no-profit) come un virus.
Tutta la rete su cui si regge il paese è stata
infettata da uomini legati a doppio filo l’uno all’altro, in perenne conflitto d’interesse, che sono andati a formare delle compagnie di mutuo soccorso
rigide, inamovibili e inattaccabili.
I dirigenti sono sempre gli stessi, a qualunque
livello: siamo pieni di dirigenti e
presidenti di professione, quando hanno finito un mandato si scambiano e
via così; non c’è ricambio, non c’è meritocrazia, non c’è posto per i giovani.
E per favorire questo meccanismo la soluzione più
adottata è stata quella delle privatizzazioni
disordinate e indiscriminate: presentate come la soluzione per fare cassa e
per portare efficienza nelle aziende statali che non funzionano, negli ultimi
venti anni ne sono state imposte di tutti i tipi, spessissimo parziali, quasi
sempre senza prima liberalizzare i
mercati.
Risultato:
imprese semi private e semi pubbliche, che agiscono quasi sempre come monopolisti, dove si sono potuti
inserire tutti gli uomini che potessero fare gli interessi delle loro lobby e
dei partiti politici, spolpando definitivamente i patrimoni delle imprese
stesse per spartirseli.
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